100 anni del PCI - fondazione Longo 2019

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100 anni del PCI

LIVORNO 21 GENNAIO 1921
 
Il 15 Gennaio 1921 si apre a Livorno, al teatro Goldoni, il XVII congresso nazionale del PSI.
 
 
Il congresso di Livorno viene denominato e ricordato come il congresso della scissione e, a distanza di cento anni, risulta ancora uno dei momenti più controversi della storia del movimento operaio.
 
 
Nella mattina del 21 gennaio del 1921  escono dal Goldoni e si danno appuntamento nel piccolo teatro San Marco, sempre a Livorno, vari gruppi di varie componenti molto diverse fra loro: astensionisti, ordinovisti, massimalisti di sinistra e nonostante queste differenze politiche e culturali  un ‘amalgama  li tiene uniti e  li porta al distacco dai riformisti e da “coloro che si mettevano dalla parte dei riformisti contro l’Internazionale”( P. Togliatti, La formazione  del gruppo dirigente del PCI nel 1923-24, Roma Ed. Riuniti 1962).
 
 

Se la storia di un partito può essere riassunta nelle sue grandi scelte politiche, se la coerenza di queste scelte può dare la misura del suo peso politico, del suo prestigio nazionale ed internazionale, della sua sicurezza nell’affrontare le grandi sfide della storia e della vita dell’umanità, la storia del Partito Comunista d’Italia poi P.C.I. è certamente una storia esemplare.
La scissione di Livorno fu parte di un processo internazionale, di forte differenziazione, anzi contrapposizione tra socialdemocrazia e comunismo.
Le contrapposizioni non erano soltanto sulle regole d’azione e sulla strategia, ma riguardavano la concezione stessa del potere, della teoria del potere e dello Stato.
Il confronto acerrimo si sviluppò fra le masse operai e contadine, nella lotta concreta di ogni giorno, situazioni nelle quali era necessario un giudizio, una presa di posizione, una linea e soprattutto una prospettiva: di fronte c’era il nemico di classe, l’imperialismo e di contro nasceva, con l’Ottobre, lo Stato operaio.Il 15 Gennaio 1921 si apre a Livorno, al teatro Goldoni, il XVII congresso nazionale del PSI.
Il congresso di Livorno viene denominato e ricordato come il congresso della scissione e, a distanza di cento anni, risulta ancora uno dei momenti più controversi della storia del movimento operaio.
Nella mattina del 21 gennaio del 1921 escono dal Goldoni e si danno appuntamento nel piccolo teatro San Marco, sempre a Livorno, vari gruppi di varie componenti molto diverse fra loro: astensionisti, ordinovisti, massimalisti di sinistra e nonostante queste differenze politiche e culturali un ‘amalgama li tiene uniti e li porta al distacco dai riformisti e da “coloro che si mettevano dalla parte dei riformisti contro l’Internazionale”( P. Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del PCI nel 1923-24, Roma Ed. Riuniti 1962).
Se la storia di un partito può essere riassunta nelle sue grandi scelte politiche, se la coerenza di queste scelte può dare la misura del suo peso politico, del suo prestigio nazionale ed internazionale, della sua sicurezza nell’affrontare le grandi sfide della storia e della vita dell’umanità, la storia del Partito Comunista d’Italia poi P.C.I. è certamente una storia esemplare.
La scissione di Livorno fu parte di un processo internazionale, di forte differenziazione, anzi contrapposizione tra socialdemocrazia e comunismo.
Le contrapposizioni non erano soltanto sulle regole d’azione e sulla strategia, ma riguardavano la concezione stessa del potere, della teoria del potere e dello Stato.
Il confronto acerrimo si sviluppò fra le masse operai e contadine, nella lotta concreta di ogni giorno, situazioni nelle quali era necessario un giudizio, una presa di posizione, una linea e soprattutto una prospettiva: di fronte c’era il nemico di classe, l’imperialismo e di contro nasceva, con l’Ottobre, lo Stato operaio.
 
Il nome P.C.I. Partito Comunista Italiano viene assunto nel 1943, allo scioglimento della III Internazionale, ed è con questo nome che l’esperienza dei comunisti italiani segna la sua cultura politica e la sua strategia di lunga durata. Una cultura politica e strategica che ha connotato il comunismo italiano con quei tratti di originalità che lo hanno fatto diventare il maggiore partito comunista del mondo occidentale. Il primo di questi è senz’altro il rapporto tra democrazia e socialismo che si sviluppa dalla teoria gramsciana dell’egemonia come solco di ricerca per la via italiana al socialismo, o meglio per la via democratica al socialismo che come Togliatti ripetutamente sottolineava non era da intendersi come “mera via parlamentare” bensì qualcosa di più articolato e complesso.
 
 

Cento anni dopo è lecito riflettere su cosa di nuovo e di originale ha effettivamente rappresentato l’esperienza politica e culturale del comunismo italiano nel quadro della realtà complessiva del comunismo internazionale e quindi quale fu la diversità e la peculiarità della proposta politica dei comunisti italiani. La necessaria seconda riflessione è su quale sia stato il limite di fondo teorico e pratico che ha prodotto la sua dissoluzione travolto sostanzialmente dalla caduta del muro di Berlino e dal dissolvimento degli altri partiti comunisti dell’Est e dell’Ovest.
La memoria dev’essere consapevolezza critica, ossia non perdere di vista quello che si è, per meglio individuare quello che si deve fare. In quel partito la consapevolezza critica era quello che si deve fare da un punto di vista progettuale per dover superare errori o ritardi.
Il corpo del PCI era l’insieme degli iscritti, dei simpatizzanti, degli elettori che venivano consultati quando si trattava di assumere una importante decisione, cambiare strategia o politica delle alleanze attraverso migliaia di assemblee in tutto il Paese.
Presso la Fondazione Longo è possibile consultando l’archivio, che è in via di sistemazione, rendersi conto di quanto lavoro facessero questi comunisti, sempre riuniti a discutere partendo dalla situazione internazionale per arrivare a ragionare sul proprio comune! Siamo fino in fondo consapevoli che si tratta di un’esperienza conclusa: una storia finita, ma come dicevamo la memoria dev’essere consapevolezza critica.
Infatti, è bene ricordare che il capitalismo ha impresso nella forma merce una natura espansiva che non prevede e non sopporta limiti con la capacità di penetrare quanto più sia possibile nelle vite private e in quelle collettive.
La fondazione Luigi Longo di Alessandria ha preparato un programma che vuole ricordare i cento anni del PCI attraversando 4 sezioni di proposte e riflessioni:
Ø La storia
Ø Le Istituzioni
Ø Il Lavoro
Ø Le Arti
La nostra attività doveva iniziare proprio Giovedì 21 Gennaio con un concerto di musica classica eseguito dal Maestro Sergio Marchegiani e dedicato ai valori della libertà e della pace nella sede della Fondazione Luigi Longo che per i noti motivi sanitari è stato rinviato a data da destinarsi.
Prossimamente saranno illustrate, le prossime iniziative tenendo sempre conto che la loro fattibilità dipenderà dallo stato di salute del Paese.
“La cultura è quel complesso che include in se conoscenza, credenza, arte, morale, legge, usanza ed ogni altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo quale membro della società”
E.Taylor

Fondazione L. Longo / Via B. Giraudi, 421
15073 Castellazzo Bormida
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